Dopo più di quattro anni finalmente il marò Girone è tornato a casa dall’India con un volo militare. L’accoglienza in Italia è stata festosa e commovente.
Il marò Girone è a casa. Meglio tardi che mai verrebbe da dire. Ma le cose potevano andare diversamente, perché Salvatore Girone e Massimiliano Latorre dovevano già essere in Italia da un bel pezzo, e tutti ne conosciamo i motivi.
Costretto all’esilio per 1.500 giorni da una burocrazia indiana falsa e bugiarda, finalmente le vicissitudini di Girone e quelle dell’altro marò Massimiliano Latorre, già da tempo in Italia per motivi seri di salute, sembrano sulla via della risoluzione.
Superficialità italiana e goffe pretese indiane.
Sono finiti i guai per i due marò del San Marco? Forse. Sembra comunque essere arrivati ad una svolta decisiva in merito al contenzioso internazionale tra Italia ed India. Il marò Girone ha riabbracciato ieri i suoi cari e possiamo immaginare la commozione della famiglia e dell’intero quartiere di Torre a Mare, a sud di Bari, dove vive.
L’Odissea sembra volgere al termine, anche se non del tutto. La tragica sequela degli eventi, alternati da superficialità italiana e goffe pretese indiane, ha avuto inizio più di quattro anni fa. Era il 15 febbraio del 2012 quando i due fucilieri della Marina Militare italiana sono stati accusati dell’omicidio di due pescatori indiani in acque internazionali.
I due marò prestavano servizio di difesa istallazioni ed interessi nazionali sulla petroliera Enrica Lexie. Il loro ordine di operazione imponeva la difesa degli interessi nazionali sia in termini di mezzi che di vite umane. In pratica dovevano difendere la nave, l’equipaggio ed il suo carico da attacchi di pirati e sabotatori.
Dal 15 febbraio 2012 si sono succedute arroganze indiane e faciloneria italiana che hanno avuto come sfondo un unico scenario: il dolore delle famiglie dei due militari.
Nonostante l’incidente sia avvenuto in acque internazionali il Tribunale indiano del Kerala, stato dell’India sud occidentale, ha avocato a sé la competenza a giudicare.
La superficialità delle indagini condotte dall’Agenzia Nazionale di Investigazione indiana (NIA) e la mostruosità burocratica della Corte Suprema, hanno trasformato un caso internazionale tanto delicato nella più triste barzelletta. Basti pensare che la Corte Suprema indiana ha perfino valutato l’applicabilità o meno della pena di morte per i marò secondo una legge antipirateria che si applica nei casi giudiziari e contro la lotta al terrorismo: la “Sua Act” (Suppression of Unlawful Acts).
Insomma questo caso è stato strumentalizzato per raggiungere risultati che non hanno nulla a che vedere con la giustizia.
Anche il marò Girone si trova in Italia ma non fidiamoci dell’India.
Sembra comunque che un lume di sapienza e discernimento abbia ispirato un pò tutti e che finalmente si stia approssimando, in modo realistico e condiviso dall’India, la strada dell’arbitrato internazionale. Ossia la Corte Suprema di Nuova Delhi ha stabilito di rendere immediatamente operativa una disposizione del Tribunale dell’Aja. L’atto dispositivo attinente appunto alla determinazione delle modalità di custodia degli imputati nel periodo di attesa della sentenza del Tribunale dell’Aja che determinerà il foro giuridico competente.
La decisione della Corte di Nuova Delhi è stata, al contrario di quanto finora accaduto, veloce ed univoca. Il marò Girone rientra in Italia dove rimarrà in attesa della determinazione del giudice competente.
Il tempo di attesa si stima in circa tre anni ed in tale periodo non potrà uscire dai confini nazionali (passaporto consegnato all’India) e sarà obbligato al rientro in India qualora il Tribunale dell’Aja decretasse il Kerala come tribunale competente.
Ma non è tutto. Incredibilmente, con un colpo di coda volutamente malvagio, gli indiani si sono trattenuti il cane del fuciliere (regalato dai suoi familiari per tenergli compagnia), ma si presume (e si spera) che possa essere riconsegnato fra qualche giorno dopo il disbrigo delle solite assurde formalità burocratiche.
Nonostante il marò Girone sia rientrato, e questo viene osannato come una vittoria, non bisogna abbassare la guardia, in quanto ci troviamo in una semplice fase di attesa e non di fronte ad un’assoluzione con formula piena.
E poi non c’è da fidarsi dell’India, un Paese emergente in forte espansione economica, ma lontano anni luce dalla democrazia e soprattutto dal rispetto dei diritti umani.
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